Con la riapertura della SP89 (e la richiusura della SS46) si chiude l’emergenza legata alla “imprevedibile” frana accaduta mercoledì 27 dicembre e che ha isolato, per qualche ora, la Vallarsa. Si aprono però alcuni interrogativi che, come consiglieri e come cittadini, ci siamo posti e ci siamo sentiti porre, rivolti alle competenti autorità di Comune e Provincia.
Il cantiere lungo la SS46 a valle di Valmorbia, iniziato a settembre 2023, prevede una chiusura completa di 10/12 mesi della principale delle due vie di accesso alla Vallarsa, con onere di tenere aperta la strada nei mesi di luglio agosto “per favorire l’afflusso turistico”. Tener chiusa completamente, nei mesi invernali, una arteria di montagna riversando il traffico su un’altra strada di montagna, non può prescindere dal considerare anche eventi imprevedibili come le frane e le interruzioni. Tanto più che il 1 gennaio 2023, proprio nei pressi dell’ultima frana, la caduta di alcuni massi aveva interrotto la provinciale per una giornata. E l’evento di mercoledì non è stato il primo: a inizio dicembre, nei giorni nevosi, la stessa strada è risultata interrotta in più punti per veicoli pesanti in difficoltà.
Basta quindi una nevicata e un camion sbandato per isolare la Vallarsa.
Possibile che nella programmazione di un cantiere della durata di un anno non venga tenuto conto di questi eventi? L’amministrazione comunale - con furbesca attenzione ai dettagli - ben si cura di specificare che il cantiere è di competenza provinciale. Come a dire “se non ci pensano loro…”. Ma a Trento la Vallarsa non è nota nei dettagli. Quando non la si scambia con Noriglio o con Terragnolo, escono i comunicati come quello di mercoledì: “isolate le frazioni dell’alta Vallarsa”. Considerato che su 43 frazioni in valle rimanevano escluse dall’evento solo Sich e Lombardi, ben si comprende come non si abbia idea della logistica di chi abita qui ed è proprio qui il ruolo che ha il Comune nel rapporto con la Provincia. Ruolo che non può essersi concluso all'ufficiale “conferenza di servizi” del cantiere, datata 2013.
Ruolo ben più forte inoltre, è rivestito dal sindaco in qualità di responsabile di protezione civile. Ci si è premurati di adottare un piano di emergenza per eventuali interruzioni di entrambe le strade? Mercoledì nel primo pomeriggio c’era un’ambulanza in valle? I tanti anziani soli che avevano diritto al pasto a domicilio che da Rovereto non è mai arrivato, hanno ricevuto una chiamata da qualcuno che gli chieda se avevano necessità di una soluzione? I ragazzi saliti in corriera a Riva di Vallarsa a pattinare, hanno saputo che i pullman non li avrebbero riportati di ritorno? E per fortuna le scuole erano chiuse…
Qui si apre il grande tema della comunicazione delle informazioni di servizio. Sul canale ufficiale dell’amministrazione - il gruppo whatsapp “Vallarsa In forma” - appena dopo la chiusura della strada è risultato prioritario pubblicizzare il concerto di capodanno, mentre la notizia dell’interruzione delle corriere è arrivata dopo l’ultima corsa della giornata, oltre le 20. Sulla homepage del comune, l’unica notizia è la chiusura della strada del Sich. Intanto spaziavano le voci “fate il giro da Folgaria”, riaprono questa, riaprono quella. D’altronde, sullo stesso canale la chiusura della SS46 è stata comunicata inoltrando un’ordinanza piuttosto contorta. Non certo il modo migliore per spiegarlo al cittadino medio.
Dirottando per un anno il traffico su un’unica strada, una frana, una nevicata o un incidente che può isolare qualche ora o qualche giorno la Vallarsa da Rovereto, non può essere un imprevisto. La soluzione non è semplice ma deve essere chiaro - a Trento e a Raossi - che può accadere e bisogna esser pronti. Forse concentrare i lavori nel periodo invernale - più complicato in una strada di montagna - non è stata la scelta più saggia. Lavorare in estate avrebbe garantito più ore di sole e scuole chiuse per esempio e i turisti (quei pochi, in transito) hanno il tempo anche di fare il giro. Magari anche riuscire a tenere aperto con semaforo, a cantiere fermo, per qualche periodo - anche alle sole auto o alle corriere - avrebbe aiutato a ridurre le probabilità di rischio. Forse bisognava farlo notare, ponendosi i problemi prima che accadano, come in montagna sempre si fa. Ma il buon senso delle genti di montagna viene demandato alle competenze di altri. A dare i servizi ci pensino i volontari e i cittadini autogestiti. L’importante è arrivare al concerto così da finire, comunque, in allegria.
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